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Ricettazione/incauto acquisto |
L'Avvocato risponde |
Lunedì 17 Dicembre 2012 12:50 |
Quesito: Egregio avvocato, ricordo che in un precedente numero aveva trattato del reato di “ricettazione” tenendolo distinto da quello dell’ ”incauto acquisto”: mi perdoni ma non mi è chiara la differenza tra i 2 e quale sia l’elemento che fa attribuire il primo anziché il secondo o viceversa. La ringrazio anticipatamente e porgo distinti saluti. (M.F.)
Risposta: Gentilissimo lettore, è importante comprendere la distinzione tra i due reati e soprattutto apprestare tutte le possibili cautele per evitare la comminazione anche di uno solo di essi. Partiamo dal reato di “Ricettazione” ex art. 648 C.P., che così recita: “Fuori dei casi di concorso di reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da E. 516,00 ad E. 10.329,00. La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino ad E. 516,00 se il fatto è di particolare tenuità. […]”. I presupposti e fondamenti di questo delitto sono, da una parte, l’anteriore commissione di un altro reato e, dall’altro, la consapevolezza della provenienza delittuosa del bene ricevuto, acquistato od occultato, che deve ritenersi sussistente anche quando il soggetto agente non fornisca giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto: ciò infatti costituisce PROVA della conoscenza dell’illecita provenienza della res. In altre parole, per la configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto (senza che sia indispensabile avere la precisa e completa conoscenza di tempo, modo e luogo del reato presupposto), che può essere anche desunta da prove indirette, univoche e tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale (e secondo la comune esperienza) la certezza della provenienza non legittima di quanto ricevuto. Passiamo ora all’art. 712 C.P., relativo all’“Acquisto di cose di sospetta provenienza”: “Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda non inferiore a Euro 10. Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza.” Da ciò emerge che l’elemento caratterizzante è il mancato accertamento della legittima provenienza della res, a prescindere dall’effettiva provenienza da reato delle cose acquistate. La ratio dell’art. 712 C.P. è quella di evitare che venga agevolata la fruizione di profitti derivanti da delitti offensivi del patrimonio e, conseguentemente, per la configurabilità di questa contravvenzione, è sufficiente la sussistenza del mancato accertamento della legittima provenienza dei beni. Ciò premesso, il criterio distintivo tra il delitto di ricettazione ex art. 648 C.P. e la contravvenzione di cui all’art. 712 C.P. consiste quindi nell’elemento psicologico, ossia nel primo caso il soggetto agente ha la consapevolezza della provenienza delittuosa della res acquistata o ricevuta, mentre nel secondo caso vi è una condotta colposa consistente nell’oggettivo mancato accertamento della provenienza della cosa. Per tutte le motivazioni sopra esposte ed a conclusione, mi permetto quindi di suggerire di richiedere sempre e tassativamente, senza alcuna eccezione, a chiunque proponga dei beni, la visione della relativa documentazione che ne comprovi la legittima provenienza. Spero di averLe chiarito ogni dubbio, in caso contrario non esiti a contattarmi per ulteriori delucidazioni. Cordialissimi saluti. Avv. Veronica Gnudi |
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